Non sapevo cosa aspettarmi dall’ultimo romanzo di Houellebecq. Di lui come persona e del perché mi piaccia da sempre ne ho parlato in post sui social, in chat e in conversazioni private. Magari un giorno ne farò un post qui sopra.

Quel che si sente fin dalle prime pagine di Serotonina è la stanchezza dell’autore.

Lo scollamento dalla realtà dei suoi personaggi, che è uno dei leitmotiv di Houellebecq, qui diventa il sentimento protagonista del romanzo. Dallo scollamento si procede alla deriva, come risucchiati da un buco nero il cui fulcro cambia nel corso della lettura ma le cui forze non sembrano lasciare scampo.

Come in tutti i suoi romanzi precedenti, anche qui il motore dell’azione è un atto d’amore (mancato, perso, negato).

Se i suoi personaggi di un tempo reagivano mettendo in campo tutta la loro forza vitale in discutibili progetti di autoaffermazione (violenza, depravazione, turismo sessuale) nel tentativo di combattere la forza centripeta che cercava di annullarli in sé stessi, in Serotonina la voce narrante accetta fin dalle prime pagine la sconfitta; la sua unica reazione è la fuga, l’unico progetto perseguito è la propria scomparsa.

“Per parte mia, prima di varcare la soglia mi scusai per il disturbo, e nell’istante in cui pronunciavo quelle parole banali capii che adesso la mia vita si sarebbe riassunta in quello: scusarmi per il disturbo”.

Qualcosa di simile lo si era già visto in Sottomissione, il romanzo subito precedente a questo: il protagonista già allora non tentava più di combattere la società in cui si sentiva spersonalizzato e prevalicato dagli altri, non cercava in sé delle strade di autoaffermazione. Già in quel romanzo il protagonista si interrogava sulla religione (cristiana o islamica che fosse) cercandovi in maniera più o meno consapevole un baricentro dove ritrovare una società con un equilibrio a lui familiare, certezze scolpite nel granito che gli permettessero di ritrovarsi nel mondo.

Non che questi temi non fossero presenti anche nei suoi lavori precedenti: fin da Lanzarote e passando per Piattaforma la ricerca di una identità con cui rapportarsi col prossimo sfociava nell’abbracciare una sorta di religione erotica, quella dei villaggi vacanze, dove affermare la propria vitalità.

In Serotonina la castrazione dei personaggi di Houellebecq giunge al suo compimento.

Non c’è più lotta: eros e thanatos non sono due forze che si contendono la vitalità del protagonista ma i vertici opposti di un piano inclinato. I movimenti del protagonista non sono più gli scatti di energia di un uomo fra le sabbie mobili, alle cui azioni vitali non corrispondono più delle reazioni violente e opposte.
Il protagonista di Serotonina scivola su un piano inclinato da A a B, la sua storia è la storia di un uomo che cerca dei motivi per puntare i piedi, rallentare questa caduta, trovare delle mani a cui aggrapparsi.

Non sapevo cosa aspettarmi dall’ultimo romanzo di Houellebecq, e quel che ne ho ricavato è la storia di un uomo stanco che fa i conti (o evita di farlo) col proprio passato. Su Goodreads ho dato tre stelle su cinque al libro per la sua capacità, mai venuta meno, di mettere a nudo l’animo di un uomo finito. L’assenza in quelle pagine di un afflato vitale ha pesato molto. Non uno dei suoi libri migliori, forse il libro che doveva scrivere come naturale conseguenza della sua parabola umana e letteraria. Un libro che ho letto volentieri, ma non tra quelli che devono essere letti.


Michel Houellebecq
Serotonina
La Nave di Teseo, 2019
Amazon
Goodreads
Anobii

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